Per comunità si intende un insieme di persone unite tra di loro da rapporti sociali, linguistici e morali. All’interno della comunità le persone sono unite da vincoli organizzativi, interessi e consuetudini comuni.
Più o meno consapevolmente nessuno di noi è solo, tutti facciamo infatti parte di una comunità. Già nel mondo antico il filosofo greco Aristotele sosteneva che gli esseri umani sono “animali sociali” perché per natura sono portati a costituire comunità.
Non sempre abbiamo deciso consapevolmente di appartenere alla comunità a cui siamo legati: siamo nati e cresciuti in un paese, ci siamo andati ad abitare con la famiglia d’origine o per scelta personale. Essere felice di farne parte, però, ci permette di sentirci protetti e a casa e di partecipare attivamente alla sua vita nel rispetto delle sue regole.
Quella nembrese è una comunità aperta e accogliente, come lo sono tutti i luoghi abbracciati dalle montagne. Le sue persone sanno dare il giusto valore alle cose, sanno scegliere e riflettere e non negano non negano mai un aiuto. Nembro, inoltre, è sempre ricca di iniziative sociali, culturali e religiose che hanno promosso e continuano a promuovere numerose occasioni d’incontro. La coesione e il senso profondo di comunità e ha contribuito alla formazione di legami indissolubili.
Ad essersi spezzato durante la prima ondata della pandemia di Covid-19 è il cuore di un’intera comunità.
All’inizio del 2020 è stata l’intera comunità a non essere pronta né in termini sanitari, né in termini psicologici. Non si era affatto preparati alla perdita massiccia di affetti, di legami personali e sociali che, come una valanga, ha travolto e sconvolto la nostra vita personale e comunitaria.
Per superare la tragedia, non basta l’impegno di una singola persona: perché questo avvenga senza danni e senza strascichi, l’elaborazione dello stress, della tragedia, del lutto deve avere anche una dimensione comunitaria. In questo modo, si può ottenere il massimo beneficio sia per la salute personale che per quella sociale.
La grande tragedia vissuta ci ha bruscamente ricordato l’importanza dei gesti ordinari della cura. La cultura moderna ci ha abituato a mettere in cima alla scala dei valori l’emozione fine a sé stessa. Con il prevalere dell’emozione nelle nostre vite, la quotidianità diviene tempo di “apnea” in attesa del weekend o delle vacanze. Il rischio è che una quotidianità non vissuta intensamente tenda a consumare le relazioni, intristisca la vita e la renda insopportabile.
La pandemia ci ha costretti a confrontarci con la solitudine e ci permesso di riscoprire l’importanza dei gesti quotidiani e della cura verso se stessi e l’altro.
L’amore nella comunità cresce quando si dona e si irrobustisce quando sa resistere.